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Parere del Consiglio di Stato sulle linee guida del codice dei contratti pubblici

Pubblicato il 05/08/2016
Pubblicato in: Appalti

Il Consiglio di Stato ha reso il parere sulle linee guida del codice dei contratti pubblici concernenti il Rup, l’offerta economicamente più vantaggiosa e i servizi di architettura ed ingegneria (Cons. St., Comm. spec., 2 agosto 2016, n. 1767).

La richiesta del parere da parte di ANAC ha assunto, per la Commissione speciale istituita presso le sezioni consultive di Palazzo Spada, un particolare significato dato che, pur non venendo in evidenza un atto per il quale questo non è obbligatorio, l'Autorità ha ritenuto opportuno, in una logica di fattiva cooperazione istituzionale, sottoporre al Consiglio gli schemi delle linee guida.

Tale fattiva collaborazione è indispensabile per garantire il buon esito di una riforma amministrativa, strettamente condizionata dalla relativa fase attuativa, che, nella specie, rappresenta un necessario elemento di completamento. Il ricorso alle funzioni consultive in questa fase è in grado di ridurre gli oneri di comprensione, interpretazione, pratica applicazione, da parte di tutti i destinatari, con particolare riferimento ai cittadini e alle imprese, perseguendo in tal modo il meritorio risultato di prevenire il contenzioso.

 

Il Legislatore della riforma ha optato per un sistema diversificato e più flessibile basato essenzialmente su tre differenti tipologie di atti attuativi:

a) quelli adottati con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, su proposta dell’Autorità nazionale anticorruzione (d’ora innanzi solo ANAC o Autorità), previo parere delle competenti commissioni parlamentari;

b) quelli adottati con delibera dell’ANAC a carattere vincolante erga omnes, e in particolare le linee guida;

c) quelli adottati con delibera dell’ANAC a carattere non vincolante.

In linea generale, al di là delle osservazioni specifiche sulle tre linee guida, il Consiglio di stato si preoccupa che sia garantita una forma che permetta la massima certezza del diritto per gli operatori, partendo dalla stessa esposizione discorsiva del contenuto attuativo delle Linee guida che, se coerente con la natura giuridica di atto di regolazione (vincolante o meno), deve sempre essere chiara ed univoca, in specie quando tratta un precetto vincolante.

L’esistenza di quello che è stato definito un “gap democratico” nell’adozione di tali atti, riscontrabile in tutti i provvedimenti adottati dalle Autorità indipendenti, impone, inoltre, sul piano procedimentale, forme di “compensazione” assicurate da una serie di strumenti di better regulation come, ad esempio: una sistematica fase di consultazione dei soggetti interessati (sempre prevista da ANAC), lo svolgimento di un’attenta analisi di impatto della regolamentazione (c.d. a.i.r.) - considerata decisamente carente per le tre delibere esaminate - nonché della successiva verifica di impatto (c.d. v.i.r.). Infine, occorre evitare una proliferazione di Linee guida e la conseguente inflazione di regolazione.

Rivestono particolare interesse, per l'impatto che la soft law ha ha sulle procedure amministrative delle stazioni appaltanti, le osservazioni che il Consiglio di stato svolge in merito alla vincolanza degli atti attuativi nell'adozione dei provvedimenti:

per quanto attiene le linee guida vincolanti, queste non lasciano poteri valutativi nella fase di attuazione alle amministrazioni e agli enti aggiudicatori, che sono obbligati a darvi concreta attuazione. Tuttavia, osserva il collegio, che: "è bene puntualizzare che la “vincolatività” dei provvedimenti in esame non esaurisce sempre la “discrezionalità” esecutiva delle amministrazioni. Occorre, infatti, valutare di volta in volta la natura del precetto per stabilire se esso sia compatibile con un ulteriore svolgimento da parte delle singole stazioni appaltanti di proprie attività valutative e decisionali. La particolare natura delle linee guida in esame comporta che, in mancanza di un intervento caducatorio (da parte della stessa Autorità, in via di autotutela, o in sede giurisdizionale), le stesse devono essere osservate, a pena di illegittimità degli atti consequenziali";

per quelle non vincolanti, la Commissione speciale rileva che se le stazioni appaltanti "intendono discostarsi da quanto disposto dall’Autorità, devono adottare un atto che contenga una adeguata e puntuale motivazione, anche a fini di trasparenza, che indichi le ragioni della diversa scelta amministrativa. Ferma la imprescindibile valutazione del caso concreto, l’amministrazione potrà non osservare le linee guida – anche se esse dovessero apparire “prescrittive”, magari perché riproducono una disposizione del precedente regolamento attuativo – se, come in molti casi previsto da queste ultime, la peculiarità della fattispecie concreta giustifica una deviazione dall’indirizzo fornito dall’ANAC ovvero se sempre la vicenda puntuale evidenzi eventuali illegittimità delle linee guida nella fase attuativa. Al di fuori di questa ipotesi, la violazione delle linee guida può essere considerata come elemento sintomatico dell’eccesso di potere, sulla falsariga dell’elaborazione giurisprudenziale che si è avuta con riguardo alla violazione delle circolari"; quanto ai decreti ministeriali, "le amministrazioni e gli enti aggiudicatori sono obbligati a osservare il precetto normativo, senza che alle stesse sia attribuito il potere di disattenderne il contenuto. La violazione dei decreti comporta l’illegittimità del provvedimento attuativo".

 


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